Il vello d’oro era, in origine la pelliccia dell’ariete Crisomallo, figlio di Poseidone e Teofane.
Aveva forma ovina perché suo padre, dopo aver rapito la principessa Teofane dalla Tracia, prese le sembianze di un ariete e trasformò in pecora la ragazza che desiderava possedere.
Crisomallo era una bestia piuttosto intelligente, capiva il linguaggio umano e poteva volare, poiché era anche dotato di ali. Visse tranquillo brucando sull’isola in cui Poseidone aveva portato la madre fino a quando Ermes lo donò a Nefele.
Nefele ebbe una vita sfortunata: Zeus la creò per imbrogliare un mortale. Zeus diede a Nefele l’aspetto di Era, di cui Issione era invaghito, poi organizzò una festa a cui parteciparono entrambi. Issione riuscì senza troppa fatica a conquistare Nefele, che dopo qualche mese gli partorì un centauro. Issione capì lo scherzo e ci restò male, Zeus rise tantissimo e Nefele si ritrovò sposata, per ordine di Era, a un altro mortale: Atamante.
Il matrimonio forzato non andò bene. Nefele concepì due figli col marito, ma Atamante si trovò presto un’amante e scacciò Nefele. L’amante di Atamante però non era ancora soddisfatta. Non gradiva la presenza dei due ragazzi, per di più eredi al trono, e si inventò una scusa (una carestia) per ucciderli (sacrificarli). Nefele lo scoprì e chiese aiuto agli dei. Ermes le donò Crisomallo e l’ariete volò a salvare i due ragazzi. La missione non andò proprio liscia. Uno dei due cadde in mare, l’altro arrivò sano e salvo alla corte di Eete.
Il vello d’oro tanto desiderato
Alla corte di Eete le cose si complicarono per colpa della giovane e bella figlia del re. Il ragazzo se ne innamorò, la chiese in moglie e in cambio offrì Crisomallo. Eete accettò e sacrificarono l’ariete a Zeus. Fu così che la pelle di Crisomallo finì conciata e appesa a una quercia fino all’arrivo di Giasone. A protezione del vello c’era anche un drago.
Giasone aveva già sofferto parecchio quando arrivò alla corte di Eete cercando il vello d’oro. Ovviamente il re non voleva cederlo e rispose ponendo prove a suo avviso insuperabili. Avrebbe consegnato il vello solo se Giasone fosse riuscito ad arare un terreno usando i suoi tori dai piedi di bronzo (antenati del vitello dai piedi di balsa, inventore di una storia falsa che vi racconterò un’altra volta).
Questi tori dai piedi di bronzo erano opera di Efesto e potevano anche sputare fuoco dalle bocche (come il drago meccanico di Roccascissa di cui vi ho già parlato). Dopo aver arato, Giasone avrebbe dovuto vedersela coi guerrieri che sarebbero spuntati dalla terra grazie ai denti di drago. L’impresa era impossibile per l’eroe ma non per la figlia di Eete, Medea. Costei, colpita da una freccia di Eros, si era innamorata di Giasone. Medea era una maga piuttosto potente e preparò un unguento portentoso. Giasone unse il suo scudo, la sua lancia e tutto sé stesso per affrontare i tori e i guerrieri, riuscendo nell’impresa.
Eete non fu convinto dal risultato ottenuto e rifiutò di cedere il vello, ancora custodito dal drago. Medea superò anche questo ostacolo drogando la povera bestia e facendola addormentare. Rubarono il vello d’oro e fuggirono.
Curiosità: nelle zone montuose della Colchide vivevano pastori-cercatori d’oro seminomadi che utilizzavano un setaccio ricavato principalmente dal vello di ariete, tra le cui fibre si incastrano le pagliuzze di oro.