La leggenda del drago meccanico

Il drago meccanico di Roccascissa

Le carrucole ben oliate cigolarono lievemente mentre la pedana mobile terminava la sua corsa. Bernardo si passò le mani callose e unte sul grembiule guardando il quadrato di cielo limpido racchiuso dalle alte mura del castello di Roccascissa. I passi del drago meccanico sugli spalti, regolari e ben cadenzati, lo fecero sorridere. Bernardo seguì il giro di ronda della sua migliore creazione borbottando soddisfatto.

Un paggio con una ciotola di sbobba fredda e una fetta di pane raffermo appoggiata sopra gli sfiorò un braccio passandogli di lato. Bernardo ne approfittò per crogiolarsi nel suo compiacimento:
-Il mio drago è preciso come un orologio!
Il paggio si fermò un attimo e sollevò anche lui la testa verso gli spalti, annuendo. Poi si guardò rapidamente attorno e avvicinò la bocca all’orecchio di Bernardo:
-Il signore de’ Capitanei non aveva bisogno di questa macchina, è stato perfettamente in grado di terrorizzarci tutti per anni, prima che arrivassi tu con i tuoi ingranaggi!

Bernardo abbassò lo sguardo sul paggio e si piantò i pugni sui fianchi:
-Il mio drago è talmente potente che la gente ci penserà due volte prima di sfidarlo. È in grado di ridurre in cenere una persona ai piedi delle mura, fiammando dagli spalti! Non appena la fama della mia creatura si sarà sparsa abbastanza lontano, vivremo in pace perché nessuno oserà avvicinarsi a questo castello! In pace per sempre, ci pensi? Per sempre!

Il paggio tirò su le spalle e sollevò la ciotola che teneva in mano:
-La gabbia che penzola fuori dalle mura avrebbe dovuto avere lo stesso effetto e invece io sono anni che porto da mangiare ai poveri cristi che ci languiscono dentro.
Bernardo sbuffò:
-Vedrai, stavolta sarà diverso! Avremo anni di pace in cui dovrò solo scegliere come spendere la paga per questo lavoro di perfetta meccanica e sublime precisione.

drago steampunkI passi del drago meccanico si fermarono di colpo. Qualcuno gridò qualcosa da fuori e subito le sue parole vennero sovrastate dal crepitio della fiamma del drago. Bernardo rimise in funzione la pedana e scese fino al piano terreno, dove le guardie stavano aprendo il portone. Un fumo acre pervadeva l’aria e le ceneri mulinarono dentro il castello scompigliando il mucchio dove ormai si riconoscevano solo pochi brandelli di stoffa e qualche pezzo di metallo ancora incandescente.
Una guardia sollevò un anello usando un lembo della sua tunica e lo osservò da vicino:
-Questo è il sigillo di famiglia de’ Capitanei! Era davvero la moglie di Goffredo de’ Capitanei come diceva!

Bernardo sbiancò, barcollò e dovette reggersi al muro per non cadere a terra.
La guardia si avviò verso le stanze del signore per dargli la notizia.
Bernardo strisciò fuori dal castello, si tirò il portone dietro le spalle e il cigolio delle cerniere si perse sotto il rimbombo del suo cuore che pompava a mille.

Leggenda originale scritta da Lina Rini Lombardini e pubblicata nella raccolta “Le novelle dell’Adda” (La Scuola, Brescia, 1929, pp. 51-56)
Diorama del castello del drago meccanico realizzato da Marco Ferrari e prossimamente esposto nella mostra itinerante di dragologia.

 

 

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