La primavera era nel suo pieno splendore il giorno in cui io, Eglé, decisi insieme alle mie sorelle di approfittare di un pomeriggio soleggiato per farci un bagno nel fiume che scorreva vicino al nostro villaggio. L’acqua, fresca e cristallina, accarezzava la mia pelle mentre mi immergevo in essa. I suoni degli uccelli e il fruscio delle fronde ci avvolgevano in una melodia rilassante, e il profumo dei fiori selvatici inebriava i nostri sensi.
Quando decisi di tornare a riva, sentii un brivido lungo la schiena. Mentre cercavo di infilarmi l’abito, mi accorsi che un serpente si era nascosto nella manica. I suoi occhi ipnotici mi fissavano, mentre il suo corpo sinuoso si arrotolava intorno al mio braccio. Non riuscii a scuotermelo di dosso. Parlammo e il serpente mi chiese di sposarlo in cambio della restituzione dei miei vestiti.
Sorpresa e infastidita, accettai, rassicurandomi che in fondo erano solo parole. Sorridente, tornai a casa, sfoggiando la mia astuzia. Tre giorni dopo, il nostro cortile fu invaso da migliaia di serpenti. I sudditi del re dei serpenti erano venuti a prendermi per accompagnarmi al matrimonio!
I miei genitori, disperati, cercarono di ingannarli offrendo loro un’oca, poi una pecora e infine una mucca al posto mio. Ma ogni volta, un cucù svelava il trucco e i serpenti tornavano infuriati. Minacciarono tutto il villaggio di affliggerlo per un anno con siccità, carestia e alluvioni. Non potevo permettere che i miei familiari e i miei amici soffrissero per colpa mia, quindi decisi di sacrificarmi e affrontare il mio destino. Convinsi i miei genitori a lasciarmi andare e salutai la mia famiglia, pronta a diventare la sposa del re dei serpenti.
Giunta nel regno sottomarino, scoprii che il re dei serpenti, Žilvinas, era in realtà un giovane uomo gradevole e affascinante. Il suo palazzo sottomarino, immerso nelle fredde acque del Baltico, era caldo e accogliente, un rifugio incantevole che sfidava il gelo dell’inverno. I muri di corallo e le volte di conchiglie scintillavano come gioielli, mentre il calore degli abitanti del regno mi avvolse in un abbraccio confortante. Il matrimonio fu sontuoso, i festeggiamenti durarono una settimana e tutti si sforzarono di farmi sentire benvoluta nel mio nuovo palazzo. Entrai in quel palazzo come una semplice ragazza di campagna, ora tutti si rivolgevano a me inchinandosi e chiamandomi Eglé, la regina dei serpenti!
Gli anni passarono felici, e io e Žilvinas divenimmo genitori di tre meravigliosi maschietti e una dolce bimba.
La nostalgia di casa
Un giorno, mentre passeggiavo nel giardino sottomarino con i miei figli, il più grande mi chiese notizie della mia famiglia. Parlando di loro, mi accorsi che la nostalgia di casa aveva continuato a bruciare dentro di me come una fiamma mai spenta. Raccontai ai miei figli delle loro nonne, nonni, zii e zie, e di come mi mancavano il calore del loro abbraccio e il suono delle loro risate.
Così, decisi di chiedere a Žilvinas il permesso di tornare sulla terraferma per far conoscere i nostri figli al resto della mia famiglia. Il mio amato sposo, però, era riluttante a separarsi da me e temeva che la mia famiglia potesse fare del male ai nostri bambini. Ma la mia determinazione era forte e il desiderio di rivedere i miei cari mi portò a insistere. Feci notare al mio sposo che non ero più la sprovveduta Eglé che aveva incontrato al fiume tanti anni prima, ma una donna adulta, capace di superare ostacoli e difficoltà per ottenere quello che desiderava.
Vedendo che non avrebbe potuto dissuadermi, Žilvinas mi mise alla prova, chiedendomi di superare tre compiti apparentemente impossibili: filare un filo di seta di lunghezza infinita, consumare un paio di scarpe di ferro e cucinare una torta senza l’uso di utensili. Accettai la sfida, decisa a dimostrargli che ero degna di andare a casa.
Chiesi aiuto a una maga molto astuta, che mi aiutò a superare le tre prove. Con il suo consiglio, filai il filo di seta, consumai le scarpe di ferro e cucinai la torta senza utensili. Žilvinas, colpito dalla mia determinazione e dal mio ingegno, concesse a malincuore il permesso di tornare sulla terraferma con i nostri figli. Mi avviai verso casa felice di aver superato le prove con tanta facilità.
Il tradimento
Tornai a casa col cuore colmo di gioia, impaziente di riabbracciare la mia famiglia e di presentare loro i miei adorati figli. Eppure, quando feci il loro nome, i volti dei miei parenti si incrinarono in espressioni di disappunto e rancore. Non riuscivano a perdonarmi per aver scelto una vita lontana da loro e non volevano che tornassi dal mio sposo.
In preda alla rabbia, i miei dodici fratelli catturarono i miei innocenti figli, crudelmente intenzionati a picchiarli e torturarli per scoprire come evocare il loro padre. I miei coraggiosi maschi resistettero alle torture senza pronunciare una parola, ma la mia piccola bambina, terrorizzata, rivelò le parole magiche per evocare Žilvinas sulla spiaggia.
Con il cuore colmo di odio, i miei fratelli pronunciarono le parole e, quando Žilvinas emerse dalle acque, lo massacrarono senza pietà. La spiaggia fu testimone di quella crudele violenza, la spuma del mare si tinse di rosso.
Quando scoprii che cosa era accaduto a Žilvinas, il mio dolore fu incommensurabile. Io, Eglé, la regina dei serpenti, non potevo tornare al palazzo senza di lui, ma nemmeno continuare a vivere come se nulla fosse tra i miei odiosi fratelli. Raccolsi tutte le forze e i poteri che avevo appreso dalla maga e trasformai la mia pavida bambina in un pioppo tremulo, simbolo della sua fragilità. Poi, mi rivolsi ai miei altri figli, trasformandoli in una quercia, un frassino e una betulla, simboli della loro forza e resistenza. Infine, con le ultime energie, mi trasformai anch’io in un abete rosso, simbolo di immortalità e di protezione per i miei cari. In quelle forme arboree, avremmo continuato a vivere, uniti nonostante la crudeltà degli uomini e la perdita del nostro amato Žilvinas.
Questo articolo contiene brani suggeriti da chatGPT.