Il drago dei Boncompagni: l’araldica e la truffa

stemma di papa Gregorio XIIIIl drago della famiglia Boncompagni è stato fonte sia di vanto che di crucci nel corso dei secoli.
Ugo Boncompagni salì al soglio pontificio nel 1550 con il nome di papa Gregorio XIII. Prima di dedicarsi alla vita ecclesiastica era stato professore all’università di Bologna. Ai tempi della sua elezione erano in corso le agitazioni dei protestanti e i suoi nemici presero spunto dal suo stemma di famiglia per far circolare delle maldicenze.

Lo stemma si blasona “di rosso, al drago alato d’oro, reciso”. Il che, in araldica,  significa che lo sfondo dello scudo è di colore rosso e che il mezzo drago è tutto d’oro. Alcune descrizioni aggiungono “sanguinante” al drago, a testimonianza dell’uccisione avvenuta di recente. In questi casi, generalmente la famiglia si pregiava di raccontare storie eroiche con protagonista qualche valoroso antenato.

La famiglia era, secondo gli studi più accreditati, discendente dei Dragoni dell’Umbria. I Dragoni erano noti ad Assisi e avevano tre mezzi dragoni dorati sullo scudo, come si dice li avesse il più illustre dei loro parenti, Ottone I di Sassonia, imperatore. (Questa informazione non sono ancora riuscita a controllarla. Prima dell’anno Mille si usavano raramente insegne araldiche, che si diffusero poi, durante le crociate). Da Assisi la famiglia si spostò a Visso, nelle Marche, e da lì originò il ramo bolognese. Nello stemma dei Boncompagni, da allora in avanti, di drago ne rimase solo uno.

Il finto drago di Gregorio XIII

Veniamo ora all’imbroglio diplomatico del drago dei Boncompagni. Appena finito il conclave, qualcuno consegnò a un parente del neo eletto papa, il professore bolognese Ulisse Aldrovandi, il corpo di un drago appena ucciso. Lo scopo di tale “scherzo” era far credere alla gente in un prodigio: la manifestazione tangibile che il nuovo papa, quello del drago, era collegato al diavolo! I protestanti miravano a screditare il papa agli occhi dei suoi fedeli, instillando il dubbio che fosse una persona malvagia e pericolosa.

drago di Gregogio XIII, disegnato da Ulisse AldrovandiAldrovandi era un attento osservatore e un profondo conoscitore della fauna italiana. Si accorse subito che quello che aveva davanti non era un drago ma un collage di molti animali diversi. Il problema era che non poteva dichiaralo ufficialmente perché si sarebbe fatto dei nemici potenti, smascherando la truffa! Aldrovandi voleva restar fuori dalle beghe religiose e dedicarsi ai suoi studi naturalistici.
Non poteva però nemmeno permettere che circolasse la voce che un suo consanguineo era associato a un drago demoniaco.

Decise quindi di spostare il discorso, togliendogli tutta l’aura sovrannaturale tanto desiderata dai protestanti. Per lui la dragologia era parte delle scienze naturali, non della teologia! Organizzò una lezione pubblica in cui fece sezionare il reperto a un chirurgo. Descrisse minuziosamente il “drago” indicando il nome di tutte le parti che lo componevano. Diceva cose come “la coda del drago assomiglia a quella di un serpente comune in queste zone, la natrice”. In questo modo sia i suoi studenti che gli altri professori capivano “che lui aveva capito, ma che doveva tacere”.
Salvò la reputazione di tutta la famiglia e ci lasciò un testo universitario in cui si parla di draghi.

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