Ho parlato dei sensi dei draghi in eventi dal vivo e nel ciclo di conferenze sulla Xenofiction che ho tenuto con Benedetta Troni qualche settimana fa e che potete rivedere su YouTube se ve le siete perse.
Un drago, stando ai racconti popolari italiani, è una bestia leggendaria con caratteri simili agli uccelli e ai rettili. Per scrivere i racconti con i draghi italiani dell’antologia In cerca di Draghi mi sono pertanto ispirata alle capacità sensoriali di diverse specie di animali realmente esistenti e le ho adattate alle esigenze delle creature fantastiche dei racconti popolari.
La vista
Noi umani usiamo prevalentemente la vista per esplorare il mondo. Come vedono i draghi? Gli occhi di un predatore dovrebbero essere posizionati frontalmente, affinché il campo visivo sovrapposto permetta di stimare bene le distanze. Avere gli occhi di lato, come capita ai conigli o ai cavalli, è un adattamento funzionale a identificare un predatore il prima possibile e serve a scappare!
È anche possibile che predatori volanti, abituati a scegliere la preda dall’alto, abbiano una particolare zona dell’occhio dotata di acuità visiva potenziata, generalmente la parte che guarda in basso. Non ha senso sprecare risorse biologiche per mettere a fuoco davanti a sé perché di solito, in volo, davanti non c’è molto di interessante. Un drago che vola potrebbe avere un punto cieco proprio davanti alla punta del muso.
L’olfatto
Chi passa molto tempo in un ambiente buio, come un sistema di gallerie, una grotta, i sotterranei di un castello… non userà la vista per estrarre informazioni dall’ambiente. Si servirà di odori o di suoni portati dalle correnti d’aria. Lo stesso ragionamento vale anche per chi nuota in paludi fangose o coperte di vegetazione. Lì non si vede a un palmo dal naso!
Ha più senso che usi la vista un predatore diurno, con territori sgombri da ostacoli.
Gli odori si possono captare non solo con il naso, ma anche con la lingua. I serpenti acchiappano molecole interessanti che galleggiano nell’aria e le accompagnano su dei recettori specializzati nel palato per analizzarle. L’organo di Jacobson è fatto in modo da sentire gli odori provenienti da direzioni diverse. Il drago confronta la quantità di molecole raccolte dalle due punte della lingua biforcuta e può sapere dove sta la sorgente di quell’odore.
La termoricezione
Un drago che avesse una vista più sensibile della nostra nel campo dell’infrarosso potrebbe leggere le temperature delle cose. Vedrebbe brillare quelle calde e sparire nello sfondo quelle a temperatura ambiente. Nel racconto sulla draghessa di Silandro, preso dalla mia antologia di fiabe In cerca di draghi, potete leggere di come si possa giudicare la prestanza fisica di un individuo guardandolo scavare con occhi che vedono le temperature.
Le parti calde saranno i muscoli in uso e dalle loro emissioni nell’infrarosso è possibile valutare l’efficienza dagli sforzi fatti. Uno bravo non suda come un principiante!
L’udito subacqueo
Si dice “muto come un pesce” perché per secoli nessuno è stato in grado di ascoltare i discorsi dei pesci.
L’uomo, ritenendosi il pinnacolo dell’evoluzione, ha faticato ad accettare l’esistenza di suoni al di là dell’udibile. Da questo errore di base ne è poi disceso un secondo, ovvero quello che le altre specie “non hanno granché da dirsi” e non parlano come noi perché “sono stupide”. Non appena si sono scoperti i suoni sottomarini, li si è studiati per capire a chi erano rivolti i messaggi trasmessi nell’acqua.
Animali che devono inseguire fenomeni occasionali, come le fioriture algali, e coordinarsi su lunghe distanze, useranno un certo tipo di suono. Altri, che magari devono marcare un territorio, ne useranno degli altri. Esistono infine suoni più adatti alla comunicazione a corta distanza, che funzionano bene all’interno dei gruppi familiari o dei branchi in caccia.
Il gusto
Il drago di Lases si accorge della presenza di un intruso nel suo territorio grazie alla scoperta di un escremento. Può analizzare le molecole, presenti in concentrazioni bassissime nell’aria, e ricavarne informazioni sullo stato di salute e sull’ultimo pasto del visitatore. Scrivere una scena in cui un protagonista “assaggia la cacca di un altro” è problematico perché stimola in modo molto vivido il disgusto. L’associazione mentale tra “cacca e schifo” è immediata per il lettore mentre non lo è per il protagonista. Per un drago, trarre informazioni dalle tracce è come per noi scorrere le foto di un social media e vedere le foto degli amici. Dalle immagini possiamo sapere che cosa hanno mangiato, dove sono stati, di che umore sono… per un drago è lo stesso, ma senza social.
L’elettrorecezione
Esiste infine un organo di senso dei pesci che permette loro di distinguere le cose che hanno un campo elettrico (vive) da quelle che ne sono prive (morte). L’elettrorecezione può essere usata sia per orientarsi nello spazio, che per comunicare.
Sono sensibili ai campi elettrici gli squali, i delfini e gli ornitorinchi, che hanno una gran concentrazione di sensori nel becco.
Le api usano il campo elettrico per sapere se un fiore è stato visitato di recente e risparmiare così il tempo di controllare.
Non ho ancora usato questo metodo di comunicazione in un racconto. Lo farò con i draghi marini del sud Italia, nel prossimo libro.