Il drago di Rodi

Il drago di RodiDel drago di Rodi per molti secoli si poté vedere solo la testa, fissata in bella vista su uno dei cancelli della città. Questa impressionante testimonianza era stata posta lì, si dice, da Dieudonné de Gozon intorno al 1340.

Dieudonné de Gozon fu Gran Maestro degli Ospitalieri, succedendo ad Elion de Villeneuve. Sotto il suo comando, l’Ordine svolse un ruolo fondamentale nel proteggere i pellegrini cristiani in Terra Santa e nel difendere l’Europa dalle incursioni ottomane. La fama di de Gozon persiste fino ai nostri giorni grazie una sua eroica bravata giovanile che, ancor prima del suo incarico come Gran Maestro, lo rese una figura di grande rilevanza.

La traccia di questa straordinaria storia ci è pervenuta attraverso diverse fonti. Nel 1594, Antonio Bosio, un erudito italiano, incluse la storia di de Gozon nelle sue cronache dell’Ordine degli Ospitalieri. In queste cronache, Bosio riferisce che la lapide del Gran Maestro portava l’iscrizione Draconis Extinctor ovvero “Distruttore del Drago”.

Un ulteriore riferimento alla leggenda di de Gozon appare nel lavoro di Athanasius Kircher, un poliedrico erudito tedesco del XVII secolo. Nel 1665, Kircher pubblicò Mundus Subterraneus, un’opera enciclopedica che includeva una sezione dedicata ai draghi. All’interno di questa sezione, Kircher trasmise ulteriori dettagli sulla leggenda del drago di Rodi e il suo presunto vincitore, Dieudonné de Gozon.

La leggenda del drago di Rodi

Dieudonné de Gozon, cavaliere guasconeIl vento di Rodi sferzava la pelle bruciata dal sole di Elion de Villeneuve, Gran Maestro degli Ospitalieri. Sulle sue labbra si formò un ordine: “Nessuno si avvicini alla bestia che infesta l’isola.” Il suo tono era grave, le parole placarono il brusio dei cavalieri convocati davanti a lui per decidere che cosa fare del drago.

Dieudonné de Gozon, un giovane guascone con lo sguardo focoso e le mani callose, non tentò nemmeno di obbedire. Disobbedì immediatamente al Gran Maestro, deciso a sconfiggere il drago. Iniziò studiandolo in segreto, per scoprire i suoi punti deboli.

Nei giorni seguenti, si aggirò nei pressi della tana della bestia, rimanendo nascosto tra le rocce. Il drago era più spaventoso di quanto si fosse immaginato: una testa equina coperta di squame iridescenti, due lunghe orecchie che si muovevano indipendenti, fauci ingorde con denti enormi, abbastanza grandi da ingoiare un uomo. Il suo fiato era un veleno, una nube tossica e infuocata, ed emanava un calore insopportabile. Il collo lungo e sinuoso permetteva alla testa di muoversi con agilità predatrice, mentre il corpo si spostava con quattro possenti zampe terminate in artigli larghi come quelli di un orso. Il dorso e la coda, coperti di squame blu dure come l’acciaio, si muovevano con la forza brutale di un coccodrillo, mentre il ventre dorato sembrava l’unico punto non corazzato. Il drago possedeva due ali membranose, che usava per alternare delle planate alla corsa.

Dieudonné trascorse sei mesi ad addestrarsi in segreto, perfezionando le sue abilità di combattimento, migliorando la sua resistenza e costruendo un fantoccio di carta e canapa a forma di drago. Ogni giorno, lui e i suoi fedeli cani si esercitavano contro il simulacro, mentre il suo cavallo si abituava alla vista dell’effige del drago. Quando si sentì pronto, Dieudonné marciò verso la tana del drago. Diede istruzioni ai suoi servitori di aspettare nascosti su una collina vicina. Dovevano soccorrerlo se sopravviveva, o scappare se il drago avesse trionfato.

La prima carica fu un lampo di acciaio e fuoco. Dieudonné colpì il drago ad una spalla, ma fu ferito e disarcionato. Il drago rispose con un ruggito di rabbia, le fiamme balzarono dalla sua bocca. I mastini di Dieudonné, però, non si fecero intimidire. Come frecce scattarono, mordendo ferocemente i genitali del drago. La bestia ululò di dolore, ritraendosi momentaneamente, e in quel breve istante, Dieudonné lanciò il suo terzo e decisivo attacco. Riuscì a piantare la spada nel ventre molle del drago e lo sbudellò con le ultime forze rimaste. Il sangue del drago impregnò il terreno di rosso cupo, mentre Dieudonné, esausto e gravemente ferito, crollava a terra svenuto.

I servitori accorsero, lo trascinarono via dal corpo del drago morente, lavando le sue ferite con l’acqua fresca del fiume vicino. Nonostante le profonde lacerazioni e la stanchezza, Dieudonné era vivo. Dopo essersi ripreso, il cavaliere si presentò davanti al Gran Maestro Elion, gli occhi ancora accesi dalla fiamma della vittoria. Tuttavia, al posto del premio che si aspettava, venne accolto con freddezza.
“Hai disubbidito”, rimproverò il Gran Maestro, “hai dato un cattivo esempio. Sarai punito.”
Dieudonné finì in prigione, nonostante la sua vittoria sulla bestia, come monito per gli altri cavalieri.

La notizia del drago abbattuto si sparse rapidamente in tutta Rodi. La gente esultò per la fine della minaccia, festeggiando nelle strade, inneggiando a Dieudonné come al loro salvatore. Nonostante il parere del Gran Maestro, la popolazione di Rodi apprezzò l’eroismo del cavaliere guascone.

Quando finalmente Dieudonné uscì di prigione, venne accolto da una folla in delirio. Le sue ferite gli avrebbero lasciato cicatrici perenni e dolorose, ma le sue spalle erano dritte, il suo sguardo era fiero. Era entrato in prigione come un ribelle, ma ne era uscito come un eroe. Aveva disubbidito, era vero, ma il suo coraggio aveva liberato la sua gente da un incubo. Anche per questo, anni dopo, fu eletto Gran Maestro dell’Ordine.


Questo articolo contiene brani suggeriti da chatGPT e immagini generate con PlaygroundAI.

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