Il drago di san Teodoro è lo stesso che vediamo spesso cadere sotto i colpi della lancia o della spada di San Giorgio. In Piazza San Marco, a Venezia, si riesce a intravedere la coda del drago sporgere da una delle due famose colonne. Sopra il drago, in piedi, c’è il vittorioso Teodoro, l’eroe che ben prima del suo collega Giorgio riuscì nell’impresa di uccidere il mostro di turno.
Secondo la leggenda, Teodoro di Amasea era un giovane soldato romano di fede cristiana di stanza sul Mar Nero nei primi anni del 300. Al suo tempo i legionari che si rifiutavano di sacrificare agli dei non erano ben visti. Teodoro fu imprigionato e invitato ad abiurare, prima con promesse poi sotto minaccia di future torture. Lui non lo fece, anzi, nel tempo che gli concessero per riflettere e pentirsi continuò a diffondere la parola di Cristo e incendiò il tempio della gran madre degli dei Cibele che sorgeva al centro di Amasea. Questo gesto aggravò la sua posizione, fu ricondotto in carcere e condannato a morire di stenti. Il digiuno non lo piegò e pertanto il suo supplizio si trasformò in tortura e rogo.
Nella più antica rappresentazione di Teodoro disponibile, datata al 5-600, il santo non uccide il drago, ma cavalca portando l’insegna del drago. Il draconarius era il militare che portava le insegne della coorte, un raggruppamento di 480 soldati dell’esercito romano. La prima immagine in cui Teodoro uccide un drago è del 920 circa. Come ipotizzato per san Giorgio nel capitolo sui draghi bizantini del mio libro, anche Teodoro potrebbe essere innocente dell’uccisione di un drago.
Il santo arriva a Venezia
Nei secoli dopo il martirio, il culto si diffuse e arrivò a Venezia nel 500. Abbiamo traccia di una chiesa a lui dedicata che sorgeva nel posto che fu poi preso dalla basilica di San Marco. Il santo era patrono di Venezia ben prima di san Marco.
Si narra che i veneziani, nel 1200, volessero importare le spoglie del santo dalla Terra Santa. Non ci riuscirono subito perché Federico II di Svevia intercettò e dirottò il trasporto a Brindisi, in occasione delle sue nozze. I veneziani si portarono comunque a casa, come bottino di guerra della IV crociata, le colonne che ora vediamo in Piazza San Marco.
Come capitava spesso alle reliquie dei santi, quelle di Teodoro si duplicarono e pochi decenni dopo il matrimonio di Filippo II anche Venezia poté ospitare i resti mortali di san Teodoro. Quello veneziano aveva però un grado ben più alto nell’esercito, era un generale, e fu grazie al suo intervento come protettore di eserciti che i bizantini vinsero la battaglia di Dorostolon contro il Rus’ di Kiev nel 971.
Il culto del secondo Teodoro si diffuse e troviamo spesso i due omonimi dipinti insieme. Ho scelto un affresco del 16esimo secolo che si trova nel monastero di Kremikocvci, in Bulgaria. In questo affresco anche i due santi sembrano perplessi.
I veneziani assemblarono la statua di san Teodoro riciclando il busto di un imperatore romano di epoca classica e aggiungendogli la testa, l’aureola, le braccia, le gambe. Il corredo bellico è composto da uno scudo crociato (anche lui!), lancia e spada.