Curiosità italiane sul cacciatore di draghi

Il cacciatore di draghiIl cacciatore di draghi è un racconto lungo di JRR Tolkien
Ne abbiamo parlato con Roberto Arduini, dell’Associazione Italiana Studi Tolkieniani, qualche giorno fa. Ne potete leggere anche nel blog di Eterea, dove c’è un articolo che ne analizza alcuni dettagli.

L’usanza di mangiare code di drago a Natale

Fin dai tempi antichi è sempre stato un grande onore, per un cavaliere, provvedere alla coda di drago per il pranzo di Natale. Quando i cavalieri erano arditi e i draghi abbondavano, le code di drago erano reali. Che sapore avevano e come si cucinavano?
Nei bestiari medievali i draghi erano piumati, quindi è probabile che fossero cucinabili come un grande uccello: farciti.
La coda era ricoperta di squame, non di piume. Come si mangia un rettile? Sappiamo dal censimento dei draghi italiani che all’abbazia di Revello, in Piemonte, i monaci sopravvissero alla carestia mangiandosi un drago con ricetta mediterranea: il lagarto guisado dell’Estremadura.
Infine, dobbiamo ricordarci che i draghi di Tolkien fanno metamorfosi, quindi forse sono anfibi come il Fafnir di Rachkam per l’anello del Nibelungo di Wagner (fine 1800). In quel caso, le ricette che mi sento di consigliarvi sono quelle delle rane in guazzetto o fritte.

La pigrizia dei cavalieri di corte

Da quando i draghi sono diventati rari, le code si fanno di marzapane e l’unico onore per un cavaliere è quello di reggere il piatto di portata. Quando si diffonde la notizia del ritorno di un vero drago (Chrysophylax) i cavalieri di corte non sono assolutamente in grado di affrontarlo. Accampano scuse, si defilano, si rendono irreperibili.
Trovate un comportamento simile in uno dei racconti dell’antologia In cerca di draghi. Nella storia del drago di san Pancrazio, che a sua volta è un calco di un racconto svizzero.
Il Ghilardo recuperato dalle prigioni potrebbe essere Heinrich von Winkelried, distintosi nell’assedio di Faenza del 1240-41 e poi tornato in Svizzera per diventare l’eroe ammazzadraghi celebrato da Aegidius Tschudi nel Chronicum helveticum (scritto nel 1500, pubblicato nel 1700).

Usare armi da fuoco contro un drago

Il contadino Giles inizia la sua carriera sparando a un gigante con l’archibugio. Abbiamo un caso simile in Italia: il drago di Semproniano, in Maremma, ucciso da un prete con archibugio.
L’uso delle armi capaci di colpire a distanza era malvisto nelle guerre tra Cristiani. Era poco onorevole colpire da lontano, senza rischiare la pelle in prima persona. Era anche considerato uno spreco che un cavaliere che avesse passato anni ad allenarsi per la guerra e avesse speso molti soldi per dotarsi di armi e armatura potesse cadere per un singolo colpo di balestra.
Innocenzo II, nel 1139, scaglia un anatema sull’uso di archi e balestre contro cristiani nel secondo concilio lateranense. Autorizza l’uso di qualsiasi arma contro gli infedeli e, ovviamente, contro i draghi.

Tecniche per addomesticare un drago

La storia del Cacciatore di draghi termina con il nostro Giles che addomestica il drago e se lo tiene vicino. In Brianza, san Giorgio riesce ad addomesticare il drago locale lanciandogli dei dolcetti al sambuco.
La tarasca delle paludi costiere del sud della Francia viene addomesticata da santa Marta a furia di preghiere e canzoni.
Insomma, Hiccup è solo l’ultimo di una lunga serie di eroi che decidono di allearsi col drago, invece di combatterlo e ucciderlo.

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